Perché leggere questo articolo? Sophie Kinsella, scrittrice bestseller di I love shopping, si rivela una fuoriclasse anche nel raccontare il suo tumore. Nonostante il successo e la sua intelligente leggerezza, è stata spesso ingiustamente sottovalutata. E, purtroppo, non è l’unica…
“Prendete la vita con leggerezza, che non è superficialità”. Parole aforismatiche quelle di Calvino, che sembrano essere cucite su misura per Sophie Kinsella, pseudonimo di Madeleine Wickham, scrittrice fuoriclasse il cui nome è sinonimo di commedia frizzante e divertente, leggera ma sagace e mai inconsistente. Capace di regalare risate che riparano l’umore e fanno riflettere sulla propria vita, senza appesantire i pensieri. Ed è proprio la naturale abilità di raccontare la quotidianità con la sua penna brillante e ironica che ha reso Kinsella l’idolo di milioni di lettrici in tutto il mondo. A cominciare dalla sua saga I love shopping, la più nota shopaholic della letteratura, con cui ha contribuito a rivoluzionare il genere romance tra gli anni ’90 e 2000, vendendo oltre 36milioni di copie.
Nonostante l’indiscusso successo, Sophie Kinsella continua ad essere ingiustamente considerata un’autrice di serie B. Dovendo scontare tutti quei pregiudizi che hanno a che fare col suo essere scrittrice di narrativa rosa, femmina che parla di donne per le donne. In realtà i suoi libri non sono solo mero intrattenimento, ma offrono un acuto sguardo sulle ossessioni che permeano la società contemporanea, che va ben oltre le etichette superficiali.
Sophie Kinsella, raccontare il cancro con dignitosa sobrietà
La presunta frivolezza delle storie di Sophie Kinsella è dunque leggerezza, che le permette di esplorare e mettere nero su bianco l’universo femminile, e per estensione la società intera, in tutte le sue sfumature. Tra attitudini e manie, punti di forza, fragilità e contraddizioni. Kinsella è una persona tutt’altro che superficiale e la sobrietà dimostrata nel comunicare la sua battaglia contro un tumore al cervello lo rivela. L’ha fatto sui social, sì, ma in punta di piedi con discrezione e rispetto verso i propri cari, dopo anni di cure. Un esempio di come affrontare la malattia con una dignitosa sobrietà senza spettacolarizzarla, ma arrivando comunque dritta ai cuori dei suoi lettori.
Oltre i pregiudizi: la forza delle parole delle scrittrici
Kinsella non è la prima né l’ultima autrice donna ingiustamente sottovalutata. Il panorama editoriale è infatti costellato da figure femminili non studiate, ignorate e addirittura dimenticate, nonostante la loro rilevante influenza sulla letteratura e sulla società. Ciò riflette un radicato pregiudizio di genere che investe sia le donne che scrivono, sia il pubblico a cui si rivolgono. Sembra esserci una sorta di ghetto, volutamente scansato dall’universo maschile, in cui lettrici e scrittrici si incontrano. Una gabbia dalla quale poche donne autrici riescono a uscire, affermandosi come voci autorevoli al pari dei colleghi uomini. Tutte le altre, invece, vengono percepite e trattate in modo differente, considerate incapaci di incidere sull’immaginario collettivo.
Ma le donne la storia l’hanno scritta e continueranno a farlo. La loro voce conta e viene ascoltata, il caso dell’ormai dimenticata Irene Brin alias Contessa Clara, giornalista e scrittrice di moda e costume che ha influito profondamente sul contesto sociale, culturale e artistico dell’Italia del Novecento, è solo uno dei tanti esempi possibili. Oltre ogni pregiudizio, le donne che scrivono sanno diventare punto di riferimento fondamentale per l’intera società. Anche il sobrio annuncio con cui Kinsella ha fatto sapere della sua malattia lo dimostra: migliaia di persone lo hanno commentato, dandole sostegno ma ricevendo in cambio altrettanta empatia dall’autrice.