Temptation Island, il trash che ha ‘sconfitto’ Alberto Angela. Questa fregnaccia gira a piede libero sul web da qualche ora, facendo incetta di click facili assai. Eppure, resta una fregnaccia. ‘Noos‘, il programma culturale di Alberto Angela, appunto, non è stato ‘sospeso’ dalla Rai per via dei bassi ascolti ottenuti andando in onda la stessa sera del reality per cervi estivi di Canale 5. È stato semplicemente posticipato per allontanarlo dalle imminenti Olimpiadi. Stesso destino di Temptation Island, tra l’altro, che è terminato giovedì 25 luglio, con due puntate a settimana, invece di protrarsi fino ad agosto, come stabilito dai palinsesti.
Acclarato ciò, ci spingiamo oltre. Chi critica il programma Mediaset, con ogni probabilità non lo ha mai visto. Anzi, il sospetto è che non accenda la tv dall’84. Fa parte, insomma, di quel nutrito branco di intellettualoidi da social a cui piace gridare ‘O tempora! O mores!” per racimolare approvazione, cuoriciotti virtuali e tanti tantissimi cori di “Sei meglio te!”. Questo perché ‘Temptation Island’ da un punto di vista squisitamente televisivo è un format fatto bene. Facile giudicarlo dai meme e dalle facce dei suoi protagonisti, tutti botox aggressivo e ali di gabbiano al posto delle sopracciglia. Sussiste, però, un racconto, una narrazione, un montaggio che rendono il reality un piccolo grande gioiello dell’intrattenimento leggero. Se fosse così facile realizzare questo tipo di show, Grande Fratello e Isola dei Famosi non sarebbero tanto noiosi, gretti e logoranti. Temptation Island non è l’anticristo della ‘Cultura’, anzi, fa pure cultura. Né più né meno di Alberto Angela, osiamo dire.
Temptation Island fa cultura (anche se non vi piace)
Certo, è interessante sapere tutto su Pompei. Ma sapere tutto su Pompei, magari seguendo una puntata di ‘Noos’, non esclude il piacere di godersi ‘Temptation Island’ le sere d’estate. Questo reality ha dei meriti oggettivi: le storie delle coppie in gioco sono raccontate con sapienza, in modo da ipnotizzare lo spettatore. Non lo spettatore analfabeta, ogni tipologia di spettatore. Perché, per quanto i protagonisti siano più o meno a copione, le dinamiche che si generano tra loro restano intriganti. E tutti ne abbiamo vissute almeno un paio, nella vita. L’amore e pure le corna riguardano ognuno di noi, non solo il ‘popolino’. Ed è, lasciatecelo dire, molto snob considerare le questioni sentimentali soltanto robetta da ‘pancia del Paese’.
Gli autori, non a caso il programma è firmato Fascino, casa di produzione di Maria De Filippi, si dimostrano sempre in grado di scegliere protagonisti sopra le righe e super performanti. Poi, anche di raccontarli nel miglior modo possibile. Sia pure grazie a canzoni piazzate, non senza sarcasmo, a punteggiare ogni scena clou. Si intravede, dunque, una cura, anzi, una sceneggiatura da cui molti altri show avrebbero solo di che imparare. La tv, infatti, è spesso piatta e noiosa. Quasi sempre. ‘Temptation Island’ non lo è mai. E, a suo modo, fa cultura. Ogni puntata, oltre a meme e pernacchie varie, genera sui social dibattiti riguardo alle relazioni. A come dovrebbero o non dovrebbe essere. In questo senso, ‘Temptation Island’ fa davvero cultura, educazione sentimentale. Per mezzo, spesse volte, di trogloditi, va bene. Ma il risultato non cambia: la gente parla di gelosia, amori tossici, manipolazione, comprende cosa diavolo sia il ‘gaslighting’ e così via. Dalla casalinga di Voghera all’ingegnere, a tutti rimane qualche cosa dopo aver visto il programma.
Gli snob da social (e nella vita) hanno rotto i maroni
Gli snob non sono quelli che evitano di guardare Temptation Island – liberissima quanto legittima scelta. Ma in questo caso sono quei cialtroni con la puzza sotto al naso che twittano contro lo spauracchio, la bestia nera del ‘trash’. E che lo fanno a prescindere dal programma oggetto dei loro digital strali. Bramano soltanto attenzione, anzi, approvazione perché dire che il nostro sia un Paese di rincoglioniti fa sempre breccia nei cuori dei tanti che vogliono sentirsi superiori alla supposta becerissima media nazionale. Un po’ di leggerezza, specie d’estate, non guasta. E, anzi, manca pure nel pieno della stagione tv.
A ‘Ballando con le Stelle’, per esempio, i concorrenti vanno in pista a danzare una mazurca sulle loro tragedie più personali. Dalla vedovanza al tumore. E giù a piangere. Pure a ‘Temptation Island’ i protagonisti frignano, per carità, ma di fronte a becere corna o patemi sentimentali di sorta. E molto spesso le loro reazioni fanno sorridere perché sono esasperate, melodrammatiche. Perché, pur senza ammetterlo, alle volte ci riconosciamo in quel circo di emozioni messo su alla bell’e meglio. Chi non è mai stato ridicolo per amore, non ha mai amato veramente.
E se gli ignoranti foste voi che snobbate ‘Temptation Island’?
Posto che le coppie in gioco siano, ovvio, composte da figuranti tipo quelli delle cause di ‘Forum’, il racconto delle loro traversie è sempre interessante, coinvolgente. Che sia da sbertucciare o da far lacrimare di commozione. ‘Temptation Island’, rispetto agli altri reality Mediaset, ha anche il vantaggio, va detto, di durare cinque-sei puntate. A differenza del ‘Grande Fratello’, costretto ad allungare il brodo per sette mesi con cinque-dieci ore di dirette settimanali. ‘Temptation Island’, dunque, non fa in tempo a venire a noia perché la narrazione è tutta condensata, i cliffhanger sono messi al punto giusto, gli autori non sono obbligati a ciurlar nel manico.
Al netto del gusto personale, ‘Temptation Island’ è un ordigno congegnato alla perfezione per sbancare l’Auditel e suscitare emozioni. Se non vi piace, fa lo stesso. Ma se lo considerate l’anticristo della ‘Cultura’, con la ‘C’ rigorosamente maiuscola, c’è il rischio sensibile che gli ignoranti siate voi. Perché ‘ignorate’ le regole base della grammatica televisiva, non vedete le conseguenze mediatico-sociali di questo programma e ‘ragionate’ coi paraocchi, per sentito dire. Ripetendo a nastro ciò che vi sembra possa farvi sembrare ‘migliori’, i piatti intelligenti del Twitterino. Eppure, chiunque cianci per partito preso, di enorme non ha certo il quoziente intellettivo, ma soltanto la propria soverchia supponenza. Ad maiora!