Perchè questo articolo dovrebbe interessarti? Si infiamma il dibattito in rete sul doppio standard utilizzato per giudicare due pubblicità di Calvin Klein. Quella con Jeremy Allen White non è sessista. Quella con FKA Twigs invece sì. Anche se lei non è d’accordo
Stare dalla parte giusta? Un esercizio sempre più frustrante. E’ quello che viene da pensare osservando il dibattito che è nato in questi giorni dal confronto tra due campagne pubblicitarie di intimo, che hanno rischiato di mandare in cortocircuito le bolle social di “quelli che ben twittano”.
La decisione dell’Asa sulla pubblicità con protagonista FKA Twigs
Pochi giorni fa a l’Advertising Standards Authority (ASA), l’organizzazione di autoregolamentazione dell’industria pubblicitaria del Regno Unito, ha imposto che venisse ritirata la campagna di Calvin Klein con protagonista la cantante FKA Twigs. Lo spot presenta la giovane con indosso solo una camicia, che lascia intravedere parte di un seno e del lato B. L’Asa ha spiegato che il reclamo è stato presentato da due persone ed è stato considerato fondato. In quanto l’immagine “orienta l’attenzione di chi guarda sul corpo della modella anziché sul capo d’abbigliamento pubblicizzato” e “la presenta come un oggetto sessuale stereotipato”.
FKA Twigs non ci sta: “E’ esattamente come volevo raccontarmi”
Giustizia è fatta, verrebbe da dire. Non fosse per due obiezioni di non poco conto. La prima: la stessa FKA Twigs ha fortemente criticato la decisione dell’Asa. Con un accorato post su Instagram, ha spiegato: “Non vedo l’“oggetto sessuale stereotipato” che mi hanno etichettato. Vedo una bella donna di colore, forte, il cui incredibile corpo ha superato più dolore di quanto possiate immaginare. Guardando ad altre campagne passate e attuali simili a questa, non posso fare a meno di sentire che si stanno utilizzando dei doppi standard. Quindi per essere chiari… Sono orgogliosa della mia fisicità e mi ispiro, con l’arte che esprimo con il mio corpo, agli standard di donne come Josephine Baker, Eartha Kitt e Grace Jones, che hanno abbattuto le barriere di ciò che si intende per ‘avere potere’, per incarnare una sensualità corporea unica. Grazie a Calvin Klein, Mert e Marcus che mi hanno dato lo spazio per esprimermi esattamente come volevo, non cambierò il mio modo di raccontarmi“.
Ed entra qui in gioco il grande tema del diritto delle donne di usare il proprio corpo in massima libertà, senza doversi sentire giudicate. Nemmeno da chi – ritenendo di volerle proteggerle – le etichetta come vittime di rappresentazioni sessualizzate. Una irriducibile contraddizione.
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Tutti pazzi per Jeremy Allen White in mutande
E il punto numero due? Proprio in questi stessi giorni è divenuta virale un’altra campagna di Calvin Klein. Con protagonista Jeremy Allen White, attore di The Bear. Quasi completamente nudo, si aggira sui tetti di New York accennando qualche esercizio ginnico. L’Asa in questo caso non ha giudicato le immagini come una rappresentazione sessualizzata e stereotipata dell’attore. Nonostante i social siano esplosi di meme e commenti di apprezzamento. E nessuno di questi – sorpresa – menziona le mutande che White indossa.
E’ anche questo il doppio standard cui accenna polemicamente FKA Twigs. Perchè lui sì e io no? La controbiezione anche in questo caso è nota e non è senza fondamento: oggettificazione e sessualizzazione della donna nella pubblicità e non solo sono fattori molto più antichi, pervasivi ed espressione di una radicata cultura generale patriarcale e maschilista che nella storia ha prodotto profonde ingiustizie sociali e innumerevoli sopraffazioni. Tutto vero. Ma, ancora una volta, come la mettiamo con la libertà di espressione del singolo individuo?