Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Dopo il titolo di Miss Olanda dato alla modella trans Rikkie Valerie Kollè, la patron di Miss Italia Patrizia Mirigliani ha dichiarato l’impossibilità per le donne trans del nostro Paese di accedere al concorso. La comunità trans italiana risponde con una protesta.
Uomini trans e persone non binarie, assegnate donne alla nascita, si stanno iscrivendo in massa a Miss Italia. Il tutto con il supporto e l’incoraggiamento anche di istituzioni storiche dell’attivismo queer come il MIT, Movimento Identità Trans. Ne abbiamo parlato con Giona Dagnese, attivista trans, omosessuale e disabile, che ha inviato la sua candidatura al concorso di bellezza, come forma di protesta.
Come nasce questa protesta?
Questa protesta nasce dal fatto che dopo la vittoria di Miss Olanda 2023 da parte di una donna trans, la patron di Miss Italia Patrizia Mirigliani ci ha tenuto a specificare e ribadire che Miss Italia è un concorso riservato solo a persone nate biologicamente donne e che quindi esclude esplicitamente le donne trans perché non le ritiene abbastanza donne o completamente donne.
Cos’è accaduto quando si è diffusa la notizia di questa esclusione delle donne trans?
Nel momento in cui la comunità trans è venuta a conoscenza del fatto che uno dei punti del regolamento dice che è necessario essere donne sin dalla nascita – e quindi essere “nate biologicamente tali” – il primo a decidere di mobilitarsi in questo senso è stato Federico Barbarossa, un ragazzo trans barese. Lui ha deciso di iscriversi a Miss Italia con il suo deadname (il nome datogli alla nascita) femminile in quanto effettivamente assegnato donna alla nascita. Questo ha creato una scia di consenso da parte della maggior parte della comunità di uomini trans e persone non binary italiane, che hanno deciso di seguirlo.
Anche lei si è iscritto alla protesta?
Sì, anche io ho deciso di partecipare a Miss Italia col mio deadname femminile e l’hanno fatto – secondo le nostre stime – altri 80 ragazzi trans. E l’abbiamo fatto proprio perché vogliamo giocare a questo gioco stupido e transfobico, che esclude le persone trans, con le loro stesse regole.
Ma ha senso guardare Miss Italia oggi? Anche in una prospettiva di ampliamento dei diritti delle comunità marginalizzate.
Sicuramente Miss Italia è o perlomeno dovrebbe essere un programma e un concorso superato, che non dovrebbe più avere audience, ma noi non l’abbiamo fatto per dare visibilità a Miss Italia. Non l’abbiamo fatto perché vogliamo vincere Miss Italia, perché ci interessi un concorso di bellezza o perché non ci sentiamo uomini.
L’abbiamo fatto perché – nonostante riconosciamo che si tratti di un programma e di un concorso di stampo patriarcale, grassofobo e con tantissimi altri problemi – vogliamo e rivendichiamo il diritto della comunità trans di avere accesso e opportunità. Si tratta innanzitutto di accesso alle opportunità di lavoro e al diritto alla sanità, però il nostro diritto all’accessibilità passa anche da qui. E siccome crediamo che sia importante per qualsiasi donna, anche per una donna trans, avere il diritto e la possibilità di scegliere se si tratta di un concorso che vuole boicottare o al quale vuole partecipare, abbiamo deciso di mobilitarci in questo senso.
Qual è il confine in questa azione tra provocazione e sovvertimento delle regole?
La nostra è sicuramente una provocazione, ma è una provocazione che si basa su quel regolamento che attualmente dimostra essere transfobico. E noi crediamo nella possibilità che anche il regolamento di un concorso, i cui valori non ci rispecchiano, sia importante che cambi e che possa cambiare. Prima Miss Italia non dava accesso neanche alle persone disabili, alle persone nere, alle donne sposate o con figli. Per fortuna, al passo coi tempi, queste cose sono cambiate e noi crediamo anche nella possibilità che le donne trans avranno effettivamente accesso a questa manifestazione e a questa competizione. Perché che vi si voglia partecipare e che si voglia guardare questo concorso, bisogna ammettere che queste manifestazioni sono specchio della società odierna e in quanto specchio è anche giusto che tutta la popolazione ci si possa, se vuole, trovare dentro.