Era nato come magazine dirompente, provocatorio, dall’attitudine punk. Ora Vice, fautore di un modello di giornalismo digitale rivoluzionario, si prepara a dichiarare il fallimento. La notizia è arrivata negli scorsi giorni dal New York Times: nonostante alcune offerte di acquisto, la società non dovrebbe riuscire a evitare la bancarotta.
Vice “sta lottando per vendersi per più di 1 miliardo di dollari”
Secondo il portale Quartz, Vice Media Group “sta lottando per vendersi per più di 1 miliardo di dollari”. Difficile che una tra le aziende interessate riesca a sborsare una cifra del genere per salvare la media-company. Che potrebbe evitare il tracollo, in caso di bancarotta, solo se venisse controllata dal suo maggiore debitore, la Fortress Investment Group. La notizia fa seguito alla cancellazione, avvenuta pochi giorni prima dell’allarme sui conti di Vice Media, di BuzzFeed News. Altro portale che ha dettato una nuova forma di giornalismo, aprendo le porte dei siti ai pezzi-classifica (le 10 cose che devi sapere etc).
Insomma, è entrato in crisi un modello di informazione nato come rivoluzionario, fresco, attento alle esigenze dei millenial? Per capire i motivi di questa caduta e le nuove traiettorie del giornalismo digitale, True-News.it ha intervistato Cristiana Bedei, giornalista freelance che ha firmato articoli per i-D, VICE, Refinery29, Dazed eThe Independent, tra gli altri. E autrice della seguitissima newsletter “Lavori per chi scrive”.
La crisi di Vice, vicina alla bancarotta, e la cancellazione di BuzzFeed News segnano il crollo di un modello di giornalismo che era stato rivoluzionario?
La crisi di Vice e la cancellazione di BuzzFeed News ci dicono che il giornalismo sta attraversando un nuovo momento di grande cambiamento: le strategie di business una volta efficaci non funzionano più. Questo può essere dovuto, ad esempio, ai social che preferiscono mantenere gli utenti sulla loro piattaforma invece di indirizzarli verso link esterni. Come quelli dei siti di notizie. In più la concorrenza sempre più intensa per l’attenzione del pubblico, con l’ascesa dei creator e la vocazione sempre più editoriale di molte aziende non mediatiche, rende ancora più difficile per le testate mantenere un modello di business sostenibile.
Nonostante BuzzFeed e Vice abbiano prodotto contenuti eccellenti, entrambi hanno avuto difficoltà a diventare fonti di informazione indipendenti dall’engagement sui social media. E a raccogliere intorno a sé un vasto pubblico fedele che consultasse regolarmente i loro siti per capire cosa sta succedendo nel mondo.
Tuttavia, la crisi di queste testate non segna necessariamente la fine del loro modello di giornalismo, che ha segnato in maniera significativa l’evoluzione della professione. La sfida di trovare e mantenere un modello di business sostenibile che bilanci la necessità di fornire informazione di qualità e di generare entrate per sostenere l’azienda, è sempre esistita e continuerà a esistere, richiedendo costantemente nuove soluzioni per adattarsi ai cambiamenti del mercato.
L’approccio audace alle storie di Vice è stato d’esempio per altre testate?
L’approccio audace di Vice alle storie ha sicuramente avuto un impatto significativo su altre testate, sia a livello nazionale che internazionale. In molti hanno cercato di emulare la capacità di Vice di raggiungere un pubblico giovane e di proporre un nuovo approccio al giornalismo, soprattutto in video, ispirandosi a uno stile più cinematografico, immersivo e informale. In Italia, Vice ha contribuito a introdurre nuovi temi, linguaggi e format, dando spazio a esperienze, eventi e persone che raramente erano protagonisti sui media mainstream.
Vice ha anche creato opportunità senza precedenti per chi cercava di intraprendere una carriera giornalistica, offrendo possibilità che probabilmente non sarebbero arrivate da testate più tradizionali. Il successo di questo nuovo modo di fare informazione ha aperto molte nuove strade, soprattutto per le generazioni più giovani, in tutto il settore.
E BuzzFeed con le sue news ad elenco? Un modello che continua a essere seguito altrove?
La formula delle news a elenco di BuzzFeed ha influenzato molte testate, portandole a sperimentare con nuove forme di storytelling e di organizzazione dei contenuti online, anche per storie più lunghe e complesse. Grazie al formato semplice e accessibile, le liste sono state in grado di attirare un pubblico vasto, che preferiva magari notizie più facili da leggere e da comprendere – in un momento in cui parte dell’informazione digitale era ancora una trasposizione dei contenuti andati in stampa sui giornali, invece di essere una versione ragionata per un tipo di fruizione diversa. BuzzFeed ha utilizzato il modello a elenco in modo innovativo, creando contenuti accattivanti e coinvolgenti, utilizzando le immagini e i video per raccontare storie in modo efficace. In ogni caso, la sfida rimane quella di catturare e mantenere l’attenzione, rispondendo alle esigenze del pubblico e mantenendo un alto livello di integrità giornalistica.
Cosa pensi del paywall sui portali di informazione? Può essere una via per la sostenibilità dei media nativi digitali?
È una delle vie percorribili, in un momento in cui forse per i media è importante percorrere più vie contemporaneamente, ma dipende molto dal business model di ogni singola testata. Se una testata punta a sostenersi offrendo contenuti di qualità ed esclusivi a un pubblico ben preciso, quella del paywall può essere una strategia di successo. Se invece una testata punta ad allargare il proprio pubblico e sostenere il proprio giornalismo attraverso altri tipi di servizi – per esempio eventi per la propria community – allora il paywall può diventare un ostacolo che allontana parte del potenziale pubblico e quindi parte delle possibili entrate. Anche in questo campo le cose sono sempre in evoluzione, come dimostra la notizia di pochi giorni fa sulla rivista Time, che ha annunciato che eliminerà il suo paywall online.
Quali sono le esperienze di giornalismo innovativo che più ti stanno sorprendendo?
Il giornalismo più innovativo si dimostra capace di presentare storie in modi nuovi e adatti ai vari mezzi a disposizione, come podcast, newsletter, social media e così via, perseguendo anche l’obiettivo di sostenersi attraverso un approccio trasparente con il pubblico sui valori e l’etica che guida il proprio lavoro. Tuttavia, credo che gran parte dei modelli a cui ci rifacciamo siano ancora fortemente ancorati al passato e che ancora non sia arrivato qualcosa di veramente nuovo che possa trasformare radicalmente il panorama mediatico.