Zelensky sì, Zelensky no, Zelenky bot. Il Presidente ucraino parteciperà, tramite videomessaggio, all’ultima serata del Festival di Sanremo, il prossimo 11 febbraio. Praticamente come un bot, il buon Volodymyr ha già presenziato alla Mostra del Cinema di Venezia, a Cannes e perfino ai più recenti Golden Globes. Il suo tour mondiale di sensibilizzazione di massa, però, non sembra essere tornato molto utile alla causa: la guerra c’è ancora, Putin non molla. Vabbè, cantiamo. Cantiamo mentre le polemiche alimentano il dibattito politico nostrano. Dibattito che avrebbe pure altro di cui occuparsi, ma preferisce animarsi dalla A alla Z, ossia da Amadeus a Zelensky. Perché la Terra dei Cachi è sempre la Terra dei Cachi.
Zelensky a Sanremo: la gara a chi la stecca più grossa
Da quando Bruno Vespa ha annunciato a Porta a Porta la presenza di Zelensky alla finale di Sanremo, ogni politico italiano ha voluto ricordare al Paese la propria esistenza. Tendenzialmente, con dichiarazioni di medio-grande biasimo. Per Giuseppe Conte il Festival sarebbe “un contesto troppo leggero”, mentre Matteo Salvini punta al boicottaggio: “Sentirò le canzoni ma non lo vedrò: il Festival e le morti in corso non mi pare vadano troppo d’accordo”. Sulla stessa linea anche Beppe Grillo che dal suo blog (esiste ancora!) tuona: “Dalle bombe alle canzoni. Anche il dolore fa spettacolo”. L’ex sindaco di Napoli e oggi portavoce di Unione Popolare (meno del 3 % alle ultime elezioni) Luigi De Magistris tira fuori, invece, il jolly populist*: “Si dia voce, piuttosto, a una mamma ucraina”.
Concordi, invece, Più Europa e Fratelli d’Italia (era mai successo prima?!) che trovano l’intervento del Presidente ucraino “una buona occasione”, non si sa per fare che. Nel frattempo, sul web cerca di dilagare una petizione contro Zelensky al Festival: “contro la spettacolarizzazione e la militarizzazione di Sanremo”, si legge nelle motivazioni dei firmatari. Firmatari che sono intellettuali del calibro di Moni Ovadia, Carlo Freccero come anche del sempre morbidissimo Vittorio Feltri che chiosa: “Zelensky al Festival? Ci canterà bandiera rossa”.
I dubbi di Fabio Volo, il tanto al kg popolare
Nel grande alveare di polemiche e frasi a effetto intorno alle querelle Zelensky al Festival, interviene anche un’insospettabile ape regina: Fabio Volo. L’ex fornaio divenuto best-sellerista, speaker radiofonico, conduttore e forse a breve inventore del teletrasporto si mostra confuso: “Faccio fatica a comprendere: mi pare un po’ la spettacolarizzazione di un qualcosa”. Mentre aspettiamo con ansia l’autorevole parere di Justine Mattera, forse unico personaggio pubblico a non essersi ancora pronunciato in merito alla questione, ripensiamo al poro Maurizio Crozza che nove anni orsono venne sbranato da uno spettatore in teatro per aver tentato sul palco dell’Ariston un abbozzo di satira politica. Zelensky, per evitare la secchezza delle fauci che si abbatté all’epoca sul comico ligure, opta per il video-messaggio, per l’rvm di mariadefilippiana tradizione. Ma non basta ad attirarsi aprioristiche simpatie. “Tanto il Festival lo vincerà lui”, chiosano su Twitter. Per ora, è sicuramente il re delle polemiche. Pretestuose? Certo che sì. Quando mai l’Ariston ne ha fatta scaturire anche solo una fondata? L’anno scorso c’era la discreta fascinazione di Ornella Muti nei confronti della cannabis, oggi tocca alla guerra. Nel 2024, magari, si parlerà anche delle canzoni in gara. Ma, dopotutto, chissenefrega. Dirige l’orchestra, come sempre, il tanto al kg popolare.