La parola definitiva sulla fake news dei quaranta bambini decapitati da Hamas giunge dall’inchiesta pubblicata pochi giorni fa da Le Monde, a firma di Assma Maad, William Audureau e Samuel Forey. I tre giornalisti ricostruiscono minuziosamente come è nata la terrificante voce che fece il giro del mondo per poi rivelarsi infondata. Aggiungendo un dettaglio decisivo sull’origine della raccapricciante bufala. Il contesto è noto: pochi giorni dopo l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre, che fece 1.160 vittime, si propagò la notizia del presunto ritrovamento dei corpi di quaranta bambini decapitati nel kibbutz di Kfar Aza.
“Questa storia, e le sue varianti, sono diventate virali come mai prima prima, tanto da essere menzionate dalla Casa Bianca. Tuttavia, nell’orrore di questo massacro, in cui furono uccisi 38 minorenni tra cui due neonati, non ci furono mai 40 bambini decapitati. Né a Kfar Aza né in nessun altro kibbutz, ha confermato a Le Monde l’ufficio stampa del governo israeliano”, chiarisce il quotidiano francese.
Come è nata la fake news dei “quaranta bambini decapitati”
Come si è diffusa dunque questa fake news? Alcuni giornalisti presenti sul poterono avere un accesso limitato solo ad alcune delle abitazioni, a cusa dei rischi di trappole esplosive: “Gli unici cadaveri israeliani che videro erano in sacchi per cadaveri, tutti della misura di adulti”, spiega Le Monde. Nessuno menzionò esplicitamente alla stampa la presenza di cadaveri di bambini, ma dialogando con soldati israeliani e volontari di primo soccorso i giornalisti ottennero resoconti “torbidi ed inquietanti”. Tra le persone interpellate, in particolare, alcuni volontari della ONG ultra-ortodossa Zaka, incaricati del recupero dei cadaveri. “Privi di formazione medica specifica”, spiega Le Monde, questi volontari avrebbero “frainteso l’identità e l’età delle vittime”. Avviando una narrazione esagerata, figlia di un mix di “emozione, confusione e macabra esagerazione”.
Errore in buona fede? Forse non del tutto. Perchè il quotidiano francese annota anche che la ONG Zaka, attiva anche nel kibbutz di Be’eri, avrebbe avuto un ruolo centrale nel “diffondere la disinformazione immediatamente dopo l’evento, come riportato da numerosi report di media israeliani. La ONG, che sta attraversando difficoltà economiche, sembrerebbe aver sfruttato la tragedia per richiedere donazioni”. Lo stesso Haaretz, organo di stampa israeliano, lo avrebbe riconosciuto a febbraio.
I report della giornalista che per prima ha parlato di “bambini decapitati”
Il resto è storia già nota di una fake news divenuta tristemente virale e utiizzata da taluni in maniera propagandistica. Come già stato appurato, sarebbe stata Nicole Zedeck del canale israeliano i24 News la prima a riferire di voci raccolte sul campo relative a bambini brutalmente uccisi durante l’assalto. Queste le parole da lei usate durante una diretta: “L’esercito israeliano dice ancora di non avere un numero chiaro (delle vittime, ndr), ma stiamo parlando con alcuni soldati, e raccontano di quello che hanno visto attraversando queste divese case, queste diverse comunità: bambini, con la testa tagliata. Questo è quello che hanno riferito”. E quindi ancora più esplicitamente il 10 ottobre su X: “Uno dei comandanti mi ha riferito che hanno visto teste tagliate di bambini (…) I soldati mi hanno detto che credono che quaranta bambini siano stati uccisi”. Il giorno successivo queste ricostruzioni erano già su The Independent, The Daily Mail, CNN, Fox News e New York Post. Rilanciate anche da un portavoce del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. E poco dopo persino da Joe Biden, che affermò di aver addirittura visto delle foto.
Ma la verità agli ultra non interessa
Insomma, che si trattasse di una fake news era ormai chiaro da tempo. L’inchiesta di Le Monde chiarisce in modo definitivo come tale bufala ha avuto origine. Fine della discussione? No, perchè ormai tutto il fact checking del mondo non smuoverà dalle proprie opinioni chi da mesi continua ad utilizzare questa vicenda inventata per motivi propagandistici.
Basta farsi un giro sul profilo X di Luca Telese, tra i primi a condividere in Italia l’articolo di Le Monde. “I quaranta bambini decapitati da Hamas erano un falso grossolano, una invenzione. Questo non diminuisce di un grammo le responsabilità di Hamas. Mentre invece ci dice tutto sulla totale inaffidabilità propagandistica delle fonti istituzionali israeliane”, argomenta il giornalista.
Questi tuttavia alcuni dei commenti: “Le Monde ha ripreso una ‘indagine’ della “sezione investigativa” di AlJazeera. Sipario”; “Le Monde non é la bibbia ha preso molte volte cantonate per cui sono sempre prudente prima di asseverare qualcosa in tempo di guerra”; “Ah ecco. Invece i comunicati stampa di Hamas sono scolpiti su pietra come le Tavole della Legge… Lo sai che rappresentare solo le verità a metà è spudoratamente equivalente a mentire, vero?”; “Tutta questa ostinazione a tenere per hamas, ma per te è una cosa normale?“. Commento, quest’ultimo, piuttosto emblematico: se si riduce tutto – anche tragedie come questa – a una questione di tifo, la verità diventa una nota a margine.