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Kursk, Donbass e non solo: la guerra tra Russia e Ucraina in cui mancano strategia e politica

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La guerra tra Russia e Ucraina, in una fase tattica contraddistinta dagli opposti movimenti di Mosca e Kiev nel Donbass e a Kursk, continua a vedere gli attori sul campo scontrarsi con i limiti tatti e strategici che si portano avanti dallo scoppio del conflitto, il 24 febbraio 2022. L’analista geopolitico e militare Amedeo Maddaluno, membro dei think tank Osservatorio Globalizzazione e Parabellum&Partners, commenta gli scenari di una guerra dove si fatica a trovare un possibile end-game,

Russia e Ucraina si confrontano aspramente sul campo. Ha fatto scalpore l’operazione di Kiev a Kursk. A che punto siamo?

Ad ora le operazioni ucraine nella regione di Kursk non si sono interrotte ma stanno cominciando a dimostrare un centro fiato corto. Gli ucraini avanzano meno o sono in altre zone respinti dalla pur lenta e raccogliticcia controffensiva russa. Va compreso, in questo contesto, quanto gli ucraini vogliano continuare a sostenere l’offensiva di Kursk e quanto invece vogliano fermarsi, consolidarsi e utilizzare questo territorio come moneta di scambio. Ammesso che le mosse russe consentano il lusso della scelta.

Nel Donbass conteso, invece, Mosca sta gradualmente avanzando. In che misura le mosse della Russia aprono a nuovi guadagni territoriali?

In Donbass la Russia avanza. Nel mese di agosto, a valle di un periodo di lente, sanguinose ma continue avanzate, il ritmo dei guadagni territoriali russi si è espanso. Ora le truppe di Mosca puntano su alcuni punti logistici chiave. Si parla, ad esempio, molto dell’abitato di Pokrovsk, nodo fondamentale e centro abitato alle spalle del quale gli ucraini non avrebbero punti geograficamente rilevanti per organizzare una linea efficace. Pokrovsk non è ancora caduta ma si prepara una battaglia per il suo controllo mentre in altre aree del Donbass continua il conflitto.

Che aree puntano i russi in Donbass?

Il cuore pulsante che la Russia mira a controllare, e caduto il quale potrebbe dichiarare vinta la battaglia del Donbass, è il triangolo Pokrovsk-Kramatorsk-Sloviansk. Le ultime due sono città importanti ed è ancora tutto da capire se Mosca riuscirà a conquistare i suoi obiettivi nella regione. Ma sicuramente registriamo in questa fase un vantaggio sul campo rilevabile.

Quali sono i limiti tattici di Kiev in questo frangente?

I limiti degli ucraini sono quelli tattico-operativi che già conosciamo. Il munizionamento e il numero di uomini sono fattori critici su cui l’Ucraina appare deficitaria. Molto meno pesanti i deficit su altri fronti, come quello dei veicoli da combattimento e, ora che sono arrivati gli F-16, l’aviazione, il di cui ampliamento come anticipato da molti attenti osservatori non sta però avendo effetti decisivi tattici o strategici. Agli ucraini più che andare a sfidare la superiorità aerea russa nei cieli serviva, asimmetricamente, contrastare la forza russa con l’artiglieria contraerea, oggi in crescente disponibilità per Kiev.

Con quali problemi operativi deve invece scontrarsi la Russia?

Dal punto di vista operativo, ai russi manca ciò che è carente dal giorno uno della guerra: la logistica. Abbiamo visto quanti giorni sono serviti per montare la controffensiva a Kursk. Per Mosca la logistica è un grave tallone d’Achille. Su entrambi i fronti, è curioso sottolineare come le questioni più carenti per entrambi i combattenti siano le stesse dall’inizio della guerra. Gli apparati industriali, inoltre, si muovono a un ritmo adeguato laddove sono già rodati: i russi hanno una capacità importante di produrre munizioni, mentre l’Occidente che sostiene l’Ucraina riesce, anche dando fondo ai magazzini, ad aiutare l’Ucraina con mezzi come la contraerea. Ma per entrambi i fronti gli ultimi due anni non hanno cambiato i rapporti sui fronti dove c’era maggior carenza. E questo tema apre una riflessione..,

Prego…

Il ragionamento sull’industria apre a un dibattito sulle debolezze strategiche. Le industrie occidentali hanno difficoltà a sostenere l’Ucraina sul fronte del munizionamento, quelle russe a aiutare le forze sul campo in materia di logistica. Perché? In entrambi i casi manca una visione strategica di fondo. La debolezza strategica degli ucraini è aver costruito la programmazione della guerra su un assunto: affidarsi al sostegno e al buon cuore di attori secondi o terzi rispetto all’esercito che combatte sul campo. Sperando, cioé, nel continuo afflusso di armi da parte di alleati come Usa, Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Polonia e, va detto, dei loro elettori. Ma una buona strategia, per sua natura, non si costruisce tramite esternalizzazioni.

E sul fronte russo?

I russi, invece, hanno una carenza strategica legata al fatto che i dettami sul futuro della guerra sono nella mente di un uomo solo, Vladimir Putin. E quell’uomo solo ha deciso che l’obiettivo di conquistare macerie di una parte di Ucraina, essendo fallito l’obiettivo di occuparla per intero o in larga parte, vale la perdita di decine di migliaia, forse già 100mila, di morti sul campo e dei rapporti con l’Europa. Si parla del fatto che la Russia possa trarre vantaggio da un riorientamento a Oriente, tutto da dimostrare di fronte al rischio di diventare una miniera cinese.

Che prospettive si aprono?

Forse la Russia resterà impantanata in un conflitto congelato, avrà difficoltà ad accedere alle tecnologie più moderne, come quelle dei servizi petroliferi, forse il commercio con l’Occidente non si riprenderà più: ma tutta l’analisi costi-benefici sulla guerra è, per Mosca, in mano a una sola mente. E dipende anche dalle inclinazioni, i pregiudizi, le valutazioni distorte che un solo uomo, per quanto esperto come Putin, può avere. Questa resta la grande debolezza russa.

La guerra tra Russia e Ucraina, insomma, appare destinata a continuare, logorante. Cosa preoccupa di questo scenario?

Il fatto che non si veda in questo conflitto la componente politica. Dov’è la politica, dove vogliono andare questi attori? Hanno un end-game? Un piano alternativo? Questo è ciò che spaventa dei conflitti attuali: sembra quasi che le guerre continuino come fini a sé stesse, senza un risultato definibile come accettabile per porvi una conclusione. Vale per l’Ucraina e per il conflitto mediorientale, ed è ciò che più preoccupa di questi tempi complessi.