Perchè leggere questo articolo? Non sempre ai pronunciamenti della Corte internazionale di giustizia e della corte penale internazionale fanno seguito azioni concreti. Chiedere a Putin…
‘‘Israele deve adottare misure efficaci per garantire il libero accesso alla Striscia di Gaza a qualsiasi commissione d’inchiesta, missione d’inchiesta o organo investigativo incaricato dagli organi competenti delle Nazioni Unite di indagare accuse di genocidio”: così il presidente della Corte internazionale di giustizia dell’Aia Nawaf Salam. La Corte internazionale di giustizia ha dunque ordinato ad Israele di aprire il valico di Rafah tra l’Egitto e la Striscia di Gaza per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari. E per permettere algi investigatori di entrare nell’enclave palestinese.
Hamass: “Ma l’aggressione va fermata in tutta la Striscia di Gaza”
L’annuncio è stato accolto con comprensibile soddisfazione dal portavoce presidenziale palestinese Nabil Abu Rudeina, che ha parlato di un “consenso internazionale sulla fine della guerra nella Striscia di Gaza”. Mentre Hamas ha diffuso una dichiarazione in cui afferma che “accoglie con favore la decisione odierna” che chiede a Israele di fermare l’offensiva a Rafah. Ma aggiunge che attendeva che la Corte emettesse “una decisione per fermare l’aggressione e il genocidio contro il nostro popolo in tutta la Striscia di Gaza, non solo a Rafah”. “Ciò che sta accadendo a Jabalia e in altri governatorati della Striscia non è meno criminale e pericoloso di ciò che sta accadendo a Rafah”.
Le condanne per crimini di guerra ai leader israeliani e palestinesi. E a Putin. Tutti ancora ai loro posti
Queste le reazioni a caldo. Ma a margine è lecita una riflessione. Il pronunciamento della Cig giunge a pochi giorni di distanza da quello dell’ente “gemello”, la Corte penale internazionale. Che ha ipotizzato l’esistenza di crimini di guerra da parte sia di Israele che di Hamas chiedendo al Tribunale l’emissione di mandati di cattura per il Premier Benjamin Netanyahu, per il Ministro della Difesa Yoav Gallant e per i leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Diab Ibrahim Al Masri. Una misura che pare ricalcare quella con cui nel marzo del 2023 fu spiccato il mandato d’arresto nei confronti di Vladimir Putin per l’aggressione in Ucraina. Il leader russo, come noto, è ancora al suo posto. Ed anzi è impegnato in una controffensiva che potrebbe consegnargli la vittoria nel conflitto. Anche i leader israeliani e di Hamas non sembrano nelle loro azioni essere stati condizionati dal pronunciamento della corte penale. L’auspicio è naturalmente che l’ordine della Corte internazionale di giustizia abbia maggiore efficacia. Ma i precedenti inducono prudenza.