Perché leggere questo articolo? Emmanuel Macron e Olaf Scholz divergono sul sostegno all’Ucraina contro la Russia. E questo aumenta le contraddizioni sulla Difesa comune europea. Esistente solo sulla carta…
Emmanuel Macron e Olaf Scholz mostrano quanto sia sottile il crinale su cui l’Europa si muove nel gestire le sue relazioni globali in un mondo nel caos. I temi del confronto geopolitico muscolare che Francia e Germania stanno sfoderando nei confronti della Russia ci parlano di un contesto in perenne mutamento in cui l’asticella della rivalità sistemica tra l’Europa e Mosca si alza sempre di più.
La Russia è da contrastare. Si, ma come?
L’Ucraina, Paese invaso da Mosca e sostenuto dall’Unione Europea, è il dito. La luna è la volontà di potenza delle nazioni europee, frustrata da fragilità nelle capacità di proiezione, sfide ai confini e un rapporto ambivalente col grande protettore americano.
Macron ha parlato dell’ipotesi di poter, in futuro, inviare truppe e forze speciali in Ucraina a coordinare la resistenza di Kiev. Scholz ha ribadito che nei confronti della Russia la Francia dovrebbe cercare di fare di più, piuttosto, con le forniture di armi.
Secondo i dati del Kiel Institute , Parigi ha stanziato solo il 3% dei 17,1 miliardi di euro promessi da Berlino in armi. I francesi rispondono che , a differenza della Germania, stanno fornendo armi che cambiano le regole del gioco sul campo di battaglia, come i missili da crociera Scalp a lungo raggio.
Scholz, Macron e le differenze sulla Russia
Scholz ha alzato l’asticella ribadendo che quelle truppe e quelle forze speciali, sostanzialmente, sul terreno ci sono già. Sono i membri del personale militare inviato da Francia, Usa e Regno Unito per guidare la mano ucraina verso gli obiettivi bersaglio delle armi cedute a Kiev. Che, beninteso, devono rimanere fuori dai confini della Russia. Strano caso di un Paese invaso e rifornito di armi a iosa. A patto che le usi solo sul suo territorio.
Nel frattempo, tanto per Macron quanto per Scholz il piatto del confronto con la Russia piange. Si alimenta l’escalation senza dare sponde alla potenzialità dirompente della Difesa comune europea. Per la quale servirebbe innanzitutto la comunione d’intenti. E possibilmente il sostegno di un’Italia che con Mario Draghi e Giorgia Meloni ha scelto di giocare più nel campo strettamente atlantico. Mano a mano che crescono i dissidi, emerge una problematica tematica: il fatto che il confronto con la Russia venga usato come giustificazione per promuovere visioni diverse dell’autonomia strategica europea all’ombra dell’Alleanza Atlantica esacerba i conflitti tra Parigi e Berlino e fa apparire più fragile, e non più forte, l’Europa.
Lo riassumeva Politico.eu già un mese fa: la Francia promuove “la capacità dell’Europa di agire da sola in difesa con il proprio complesso militare-industriale. La Germania è più propensa a mantenere legami di sicurezza con gli Stati Uniti”.
Approcci differenti
La Francia, inoltre, in Ucraina, mira a logorare la Russia per valorizzare il peso del suo comparto della Difesa nell’economia della stabilità del continente. Berlino a dare appoggio all’Ucraina per “prenotarla” come partner in una futura ricostruzione. Ma al momento dell’innalzamento dell’asticella del confronto, la problematica securitaria della divergenza di idee rende più calde le linee rosse del confronto con la Russia. La quale, nel frattempo, logora Kiev, si impossessa delle zone industriali care alla Germania come obiettivo della ricostruzione e, en passant, aggira Parigi creandole problemi nel retroterra africano.
Sulle truppe europee in Ucraina si è acceso un cortocircuito e un conseguente palleggio su cui sia Macron che Scholz sono andati in testacoda. Il primo, perché i membri più ortodossamente atlantisti dell’Europa, come Italia, Repubblica Ceca, Polonia e addirittura Regno Unito, hanno smentito l’idea del presidente francese, disconoscendone la leadership. Il secondo per il fatto che con le sue uscite ha mostrato apertamente la vulnerabilità dell’Europa, permettendo alla Russia di spaventarla con la solita escalation retorica sull’avvicinamento alla guerra aperta. Un cortocircuito politico notevole. Che mostra quanto, sostanzialmente, l’auspicabile difesa comune europea sia ben al di là dal concretizzarsi. Principalmente per liti tra comari tra i suoi leader di vertice. Sempre più distanti dal modello di una classe dirigente adatta ai moderni tempi di crisi.