Perchè leggere questo articolo? Mentre l’attenzione mediatica sembra essersi spostata su altri conflitti, il regime talebano continua ad opprimere l’Afghanistan. E le donne in particolare. Le denunce di violenza e vessazioni trovano un megafono nella testata online Zan Times, fondata da Zahra Nader
Se le guerre passano, rubandosi a vicenda l’attenzione mediatica, gli oppressi restano. E le donne afghane infatti continuano a essere private dei loro diritti dal regime dei talebani. Decise a non arrendersi alle vessazioni né all’oblio, fanno sentire le proprie voci anche sul sito Zan Times.
Paradossi, lezioni non apprese e dimenticate. Sembra che le guerre – e chi le vuole – soffrano di manie di protagonismo. Amplificate da quell’attenzione stroboscopica che solo i media sanno dare. Portandone alla ribalta una, ma rischiando di oscurare tutte le altre. E’ successo al conflitto in Ucraina, passato in secondo piano dopo l’attacco terroristico di Hamas in Israele, a sua volta surclassato dal ritorno degli Houthi yemeniti. Ancor più rimossa sembra esser stata l’invasione dei talebani in Afghanistan e l’oppressione da loro perpetuata nei confronti delle donne. Tanto che, adesso, sembra quasi normale e legittimo che facciano affari con la Cina. Infatti, nella giornata di martedì 30 gennaio, a Pechino il presidente cinese Xi Jinping ha accettato le credenziali di Mawlawi Asadullah Bilal Karimi, ambasciatore del governo dei Talebani. Così gli “Studenti Coranici” cercano di esser accettati come i padroni de facto dell’Afghanistan.
Ma le donne vessate e oppresse dal regime talebano non vogliono essere dimenticate e si ribellano. Zan Times, sito online fondato nell’agosto del 2022 dalla giornalista Zahra Nader, nasce proprio per dar voce alle donne afghane e per raccontare la verità sotto il regime talebano.
Zan Times, la voce delle donne contro il regime talebano
Private di ogni diritto e dimenticate dai media internazionali, le donne afghane non si arrendono all’oblio e fanno sentire la propria voce. Raccontando e ricordando i crimini e le oppressioni del regime talebano. Con questo scopo nasce la Zan Times. Zahra Nader, 34 anni, oggi vive in Canada, ma quando è volata da Kabul a Toronto per iniziare il dottorato in studi di genere alla York University, i talebani non erano ancora al potere. “Sento di avere la responsabilità di sostenere le ragazze e le donne nel mio Paese. Io e le mie colleghe vogliamo informare le persone su quanto accade nel Paese, sostenere il pensiero critico”, ha affermato la giornalista all’emittente tedesca Deutsche Welle.
Per mesi Nader e le altre collaboratrici di Zan Times hanno lavorato senza retribuzione, ora ricevono borse di studio, sovvenzioni e donazioni. Il gruppo di giornaliste che raccolgono le informazioni in loco devono però prestare la massima attenzione, esponendosi a una costante situazione di pericolo. Scrivono sotto pseudonimo, non si conoscono tra loro e hanno contatti solo con i colleghi all’estero.
“Ti arrestiamo per aver indossato scarpe da uomo”: storie di oppressione dall’Afghanistan
“Ti arrestiamo per aver indossato scarpe da uomo”. “Se mi deporteranno di nuovo in Afghanistan, i talebani mi costringeranno a sposarmi o mi uccideranno”. “Sono stata arrestata per essere Hazara e non musulmana, e per essere donna”. Queste alcune delle esperienze vissute in prima persone da donne afghane e raccontate su Zan Times, insieme a report, inchieste e denunce delle azioni commesse dal regime talebano. Così le afghane fanno sentire la propria voce nel mondo, sperando però in una reale solidarietà e sostegno politico da parte della comunità internazionale.
“Non serve tenere discorsi o condannare i talebani. Non porta a nulla. I talebani andrebbero affrontati concretamente. Per esempio, andrebbero sanzionati e impossibilitati a viaggiare, almeno finché non cambieranno le loro politiche misogine e non permetteranno alle donne di partecipare attivamente alla vita pubblica“, sostiene Nader. Secondo la giornalista – e non solo – i Paesi che sono stati coinvolti in Afghanistan negli ultimi 20 anni e che promuovono una politica estera femminista dovrebbero contribuire a promuovere una campagna a favore delle donne afghane e dei loro diritti. Non solo con le parole dunque, ma con azioni concrete.
Donne afghane ancora più oppresse: il rapporto delle Nazioni Unite
Mentre i talebani vengono dunque ricevuti a Pechino nelle vesti di rappresentanti – illegittimi – dell’apparato statale, i diritti delle donne nel Paese sono stati ulteriormente limitati. Il rapporto trimestrale di dicembre 2023 della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) ha infatti rilevato che i talebani hanno attuato misure draconiane contro le donne non sposate o non accompagnate da un tutore maschio. Rendendo loro ancora più difficile accedere al lavoro, ai viaggi e all’assistenza sanitaria.
Da quando hanno preso il controllo nell’agosto 2021, i talebani hanno bandito le donne da quasi tutti i settori della vita pubblica, confinandole sempre di più nelle loro case. Alle ragazze è stata vietata l’istruzione oltre la prima media, così come l’accesso a parchi e ad altri spazi pubblici e alla maggior parte dei posti di lavoro. Inoltre, un decreto emanato nel maggio 2022 obbliga a indossare un burqa integrale che mostri solo gli occhi, pena linciaggio pubblico e botte per strada.
Il rapporto dell’UNAMA afferma che in alcune province, come Khost e Sabul, alle donne e alle ragazze è vietato persino visitare mercati o negozi locali senza un compagno maschile. La presenza di un uomo risulta obbligatoria durante viaggi di distanza superiore a 72 chilometri. Lo scorso luglio un altro decreto ha ordinato la chiusura di tutti i saloni di bellezza gestiti da donne, uno dei pochi luoghi rimasti in cui potevano recarsi al di fuori della casa o dell’ambiente familiare.