Non sono solo gli orari folli, la fatica e le condizioni di lavoro discutibili. È anche e soprattutto il tipo di rapporto che si crea con il datore di lavoro, completamente nuovo, digitalizzato, basato sul monitoraggio costante del lavoratore. Non è una coincidenza che i lavoratori della cosiddetta “gig economy” stiano scioperando in modo così rumoroso: quelli di Amazon lunedì scorso, i rider della delivery, venerdì.
Lavorare per un algoritmo
Una settimana importante per i lavoratori di questi settori, così diversi ma accomunati da mansioni sfiancanti e ripetitive, manuali ma e allo stesso tempo del tutto digitalizzate. È il trionfo delle piattaforme digitali e degli algoritmi, che regolano i loro movimenti e le loro condizioni economiche. Lavorare per un algoritmo è ancora un’eccezione che riguarda figure poco specializzate. Per ora. Secondo alcuni, però, è destinato a diventare la norma per sempre più persone.
L’economia del “lavoretto”
È l’inevitabile conseguenza della hustle economy, l’economia del “lavoretto”, il progetto personale che una persona segue e porta avanti parallelamente al proprio impiego. Alle tradizionali ore di lavoro, quindi, si finisce per aggiungerne altre, degli straordinari non pagati, attorno ai quali è nato un intero ecosistema di app e servizi.
Certo, qualcuno potrebbe guidare un Uber o fare consegne su Deliveroo per arrotondare. Ma il risultato, soprattutto nel mondo post-Covid, è che disoccupati e precari si sono dati a Twitch, YouTube, OnlyFans, Etsy ecc., entrando nello stesso universo lavorativo dei rider. Anche loro finiscono per lavorare per un algoritmo. Ed è solo l’inizio, perché nemmeno le specializzazioni professionali proteggono più come un tempo.
La minaccia per il mondo culturale
Anzi, i settori della produzione culturale, composti da laureati formatissimi, sono tra i più vicini ad essere controllati da questa marea di dati, applicazioni e servizi. E una volta che un lavoro viene quantificato, non può che diventare precario. Sempre di più. Perché, come dimostrano rider e driver, un lavoro che si può fare quando si vuole da una semplice app, non è un lavoro che garantisce grandi garanzie sul futuro.
È per questo che, secondo alcuni, le lotte sindacali della gig economy saranno solo l’inizio. E interesseranno sempre più persone, in un futuro in cui il lavoro è un algoritmo e i lavoratori diventando semplici “utenti”. E perdono ogni diritto.